L’ULTIMO TURNO - anteprima
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per
di Petra Biondina Volpe (CH/DE 2025, 92’)
con Leonie Benesch, Sonja Riesen, Alireza Bayram, Selma Aldin, Urs Bihler
Margherita Schoch, Urbain Guiguemdé, Elisabeth Rolli, Jürg Plüss,
INGRESSO UNICO (film Italiani ed Europei): 3,5€
Ringraziamento per la collaborazione: OPI (Ordine delle Professioni Infermieristiche Ascoli Piceno) e NurSind (Il sindacato degli infermieri)
SINOSSI
L’infermiera Floria lavora con passione e professionalità nel reparto di chirurgia di
un ospedale. Ogni suo movimento è perfetto. È sempre in ascolto di tutti i pazienti,
anche nelle situazioni più stressanti, e si rende sempre disponibile, facendo fronte a
ogni emergenza. Ma nella cruda realtà della sua routine quotidiana, in un reparto
sovraffollato e a corto di personale, spesso le situazioni sono imprevedibili. Floria si
prende cura, fra tanti altri, di una giovane madre gravemente malata e di un anziano
signore che attende con apprensione la sua diagnosi. Via via che la notte avanza, il
suo lavoro assume sempre più i contorni di una corsa contro il tempo.
ANTEFATTO
Stando a uno studio condotto dalla società di consulenza PwC, entro il 2040 in
Svizzera mancheranno circa 40.000 infermieri. Nessun altro settore professionale
soffre una tale carenza di personale qualificato. Come conseguenza, un numero
sempre più esiguo di infermieri è costretto ad accudire un numero sempre crescente
di pazienti.
Molte persone in Svizzera dipendono dalle cure erogate dal sistema sanitario: ogni
anno circa un milione di queste viene trattato in modalità di ricovero e la cifra si
somma agli oltre 4,7 milioni di pazienti ambulatoriali. Su tutto il territorio svizzero si
contano 278 ospedali e all’estero il paese è famoso per offrire un sistema sanitario
efficiente che rischia di venire compromesso dall’impellente minaccia rappresentata
dalla scarsità di personale specializzato.
Le circa 465.000 persone che lavorano come operatori socio-sanitari e infermieri o
che assistono le persone bisognose di cure nelle case di riposo o nelle strutture di
lunga degenza, affrontano la crisi della carenza di infermieri ogni giorno.
Negli prossimi decenni, la popolazione di anziani o grandi anziani in Svizzera come
in molti altri paesi occidentali crescerà in modo considerevole. Un fattore chiave che
influenza l’incremento delle necessità di cure per gli anziani è anche rappresentato
dall’aumento dell’aspettativa di vita. Se il livello di formazione resterà commisurato
ai parametri attuali, malgrado l’invecchiamento della popolazione svizzera, la
domanda di professionisti socio-sanitari non potrà più essere soddisfatta a partire
dal 2029. Per contrastare questa tendenza è necessario formare circa un terzo di
infermieri in più.
Il 74% degli impiegati equivalenti a tempo pieno negli ospedali svizzeri è donna. Se
gli indici di mascolinità e di femminilità tra i medici sostanzialmente si equivalgono,
il numero delle infermiere è significativamente più elevato rispetto a quello degli
infermieri. Nelle residenze per anziani e nelle case di cura, 8 posti di lavoro su 10
sono ricoperti da donne.
Negli ultimi anni, il tema delle cure sanitarie è ripetutamente tornato alla ribalta a
livello politico ed è sempre più entrato a far parte del dibattito pubblico.
Dal momento che le persone che operano nel settore sanitario sono per lo più donne,
la discussione non è esente da una dimensione femminista. Il riconoscimento e
un’equa retribuzione dell’assistenza sanitaria è una rivendicazione centrale nelle
vertenze e negli scioperi per la parità salariale. Oltre alle ore di lavoro profuse nelle
professioni socio-sanitarie – spesso in situazioni stressanti e per salari bassi – si
contano 8.234,9 milioni di ore non retribuite di cure sanitarie in gran parte elargite
dalle donne a casa propria.
Ma non è solo la Svizzera a soffrire per la carenza di infermieri, è una crisi che
assume sempre più dimensioni globali. L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima
che nel 2030 mancheranno già circa 13 milioni di infermieri in tutto il mondo.
Inoltre il reclutamento internazionale di infermieri ha portato a una forma di
“neo-colonialismo” assumendo infermieri specializzati dalle nazioni più povere. I paesi più ricchi stanno efficacemente esternalizzando i costi di formazione,
ottenendo infermieri qualificati a basso costo, senza equa retribuzione. In molti paesi
questo ha generato gravi conseguenze in termini di pericolosi divari in sistemi
socio-sanitari sotto stress.
NOTE DI PRODUZIONE
LA NASCITA DEL PROGETTO
La sceneggiatrice e regista Petra Volpe sta esplorando ormai da parecchio tempo il
tema del personale infermieristico. È un argomento di crescente rilevanza sociale che
ha suscitato una notevole presa di coscienza nell’opinione pubblica, in particolare
durante il picco dell’epidemia di Covid. Come autrice, era un desiderio personale di
Petra Volpe portare questa tematica sul grande schermo, non solo per creare un
prodotto di intrattenimento emotivamente stimolante, come nei suoi lavori
precedenti (il film CONTRO L’ORDINE DIVINO, la mini serie “Labyrinth of Peace”),
ma anche per contribuire alla discussione attorno alle sfide che si trovano ad
affrontare i professionisti della sanità e l’importanza di esse.
Fin dall’inizio il progetto è stato sviluppato con il produttore Reto Schaerli di Zodiac
Pictures. Petra Volpe lavora con lui e con il produttore Lukas Hobi da molti anni. Nel
corso delle sue ricerche e degli iniziali incontri con i gruppi di interesse, Volpe ha
scoperto il saggio “Unser Beruf ist nicht das Problem. Es sind die Umstände” (lett. Il
problema non è la nostra professione, sono le circostanze), diventato la principale
fonte di ispirazione per lo sviluppo di L’ULTIMO TURNO. L’autrice del libro
Madeline Calvelage è stata ingaggiata come consulente alla sceneggiatura.
Per acquisire sul campo una profonda conoscenza delle cure degli operatori
socio-sanitari per nutrire il processo di scrittura, Volpe ha accompagnato il personale
infermieristico in vari ospedali svizzeri per diversi giorni. Lo scambio con i più
svariati professionisti aveva l’intento di garantire l’accuratezza della descrizione degli
aspetti medici e dei processi di cura. Per una maggiore autenticità è stata scritturata
come consulente la specialista di cure infermieristiche Nadja Habicht. In questa
veste, ha assistito la produzione nello sviluppo della sceneggiatura, durante le riprese
e fino al completamento del film, offrendo un costante sostegno durante l’intero
processo di lavorazione.
IL CAST E LA TROUPE
Avendo a cuore l’autenticità, la credibilità della protagonista era un punto
fondamentale. In L’ULTIMO TURNO, osserviamo il mondo dal punto di vista di
Floria mentre svolge le sue mansioni quotidiane e il film è costantemente raccontato
dalla sua prospettiva, motivo per cui ogni singolo gesto doveva essere corretto. Era
molto importante che l’attrice Leonie Benesch fosse in grado di prepararsi
adeguatamente al ruolo. Per questo motivo, per affrontare le riprese, ha ultimato un
periodo di praticantato al Liestal Cantonal Hospital, dove ha potuto accompagnare le
infermiere al lavoro nel reparto di chirurgia addominale e provare i vari movimenti
fisici.
Un’altra sfida importante era raggiungere una realizzazione cinematografica
convincente della sceneggiatura nell’ambientazione ospedaliera. Le sequenze
minuziosamente pianificate in cui accompagniamo la protagonista nelle varie stanze
e lungo i corridoi richiedevano un lavoro di preparazione estremamente preciso. La
direttrice della fotografia Judith Kaufmann (IL CORSETTO DELL’IMPERATRICE,
LA SALA PROFESSORI) era la scelta ideale per questo campito. È una dei direttori
della fotografia europei più rinomati e L’ULTIMO TURNO è il terzo lungometraggio
di Petra Volpe a cui collabora, dopo TRAUMLAND e CONTRO L’ORDINE DIVINO.
Il montatore Hansjörg Weissbrich (ANCHE IO, 3 TAGE IN QUIBERON,
SEPTEMBER 5 – LA DIRETTA CHE CAMBIÒ LA STORIA) ha completato il team
creativo di professionisti di grande successo ed esperienza. Per le musiche c’è stata
una nuova entusiasmante collaborazione con la compositrice Emilie
Levienaise-Farrouch, di cui Petra Volpe era da tempo un’entusiasta ammiratrice per
le sue colonne sonore (ESTRANEI) e con cui ha finalmente avuto l’opportunità di
lavorare a un progetto comune.
Q&A CON LA SCENEGGIATRICE e REGISTA PETRA VOLPE
Descrive L’ULTIMO TURNO come una dichiarazione d’amore al
personale infermieristico.
Qual è stata la scintilla che ha dato il via al
progetto e cosa è stato particolarmente importante per lei durante il
lavoro di documentazione e le riprese?
Il tema della cura mi interessa da molti anni. Per un lungo periodo di tempo ho
vissuto insieme a un’infermiera e ogni giorno sono stata testimone di quello che lei
sperimentava sul lavoro, nel bene e nel male, e che in gran parte dipendeva dalle
situazioni che diventavano sempre più proibitive. A mio parere dovrebbe essere una
professione che la nostra società dovrebbe tenere in grandissima considerazione e
rispettare profondamente. Gli operatori socio-sanitari si prendono cura di noi
quando siamo malati e anziani, quando siamo estremamente vulnerabili. Ogni giorno
si assumono una responsabilità enorme. Per questo ho voluto fare un film che
celebra questa professione.
Perché l’attrice tedesca Leonie Benesch era la persona giusta per
interpretare il ruolo di Floria?
Cercavo un’attrice che incarnasse una presenza naturale e che fosse in grado di
imparare a svolgere con naturalezza il lavoro di una infermiera, come se lo avesse
perfezionato nel corso di oltre un decennio. Dal momento che vivo negli USA,
l’audizione con Leonie è avvenuta sulla piattaforma Zoom. Nell’istante in cui è
entrata in campo e ha detto la prima battuta di Floria, ho sentito che era la persona
giusta. È stato un momento davvero magico: ha subito dato vita al personaggio che
avevo immaginato per tantissimo tempo rendendolo istantaneamente completo e
perfetto.
Il futuro del personale infermieristico è cupo: entro il 2040 in Svizzera
mancheranno 40.000 operatori socio-sanitari. Il suo film mostra in
modo impressionante il significato che dell’espressione “carenza di
personale” ha nel concreto per infermieri e pazienti. Quale spera possa
essere la reazione del pubblico a L’ULTIMO TURNO?
Mi auguro, da un lato, che il film possa intrattenere dal momento che ti trascina in
un eccitante cavalcata vertiginosa. Ma dall’altro mostra anche cosa significa
esercitare questa professione. Per molte persone, un infermiere è presente all’inizio della propria vita, ma anche alla fine. Spesso sono le prime e le ultime persone con le
quali abbiamo un contatto fisico. Di solito le incontriamo quando la nostra vita o la
vita di un nostro caro si trova in una situazione critica. Vorrei anche ricordare agli
spettatori, quanto profondamente grati possiamo tutti essere che una persona
professionale ed empatica sia al nostro fianco in quei momenti. Dovremmo tutti
essere consapevoli del fatto che la loro lotta per condizioni di lavoro migliori
dovrebbe essere anche la nostra lotta poiché siamo tutti dei potenziali pazienti.
L’ULTIMO TURNO permette al pubblico di immergersi in modo diretto e
vertiginoso nella vita quotidiana di Floria e la sua corsa contro il tempo
crea negli spettatori un’agitazione fisica. Come le è venuta l’idea di
creare questo tipo di interazione?
Ho cercato a lungo un modo per avvicinarmi all’argomento. Durante la fase di
documentazione ho scoperto il libro “Unser Beruf ist nicht das Problem. Es sind die
Umstände” (lett. Il problema non è la nostra professione, sono le circostanze)
dell’infermiera tedesca Madeline Calvelage. In esso, descrive in modo vivido un
normale ultimo turno. Il libro mi ha completamente avvinta, nel giro di cinque
minuti il mio cuore ha iniziato a battere all’impazzata. È un saggio con il ritmo di un
romanzo di suspense, di un thriller, malgrado descriva la routine del lavoro
quotidiano di un’infermiera. Mi ha ispirata a creare un film che racconta la storia di
un singolo turno dal punto di vista di un’infermiera costruendolo in modo da
avvincere il pubblico a livello fisico e viscerale. Sviluppare i personaggi e intagliare
una struttura che si costruisca seguendo la linea di un’avvincente escalation
drammatica è stato un processo lungo e laborioso. Abbiamo deliberatamente scelto
di mantenere questa prospettiva coerente e immersiva lungo tutto il film. Abbiamo
dedicato molta cura nell’elaborare il racconto in modo che lo spettatore si metta nei
panni dell’infermiera sperimentando in prima persona l’intensità del suo lavoro.
I ruoli non protagonisti sono variegati e offrono l’occasione di scoprire
nuovi talenti attoriali. Qual era l’elemento più importante nel
selezionare i personaggi secondari?
La diversità deriva dal fatto che viviamo in una società variegata e un reparto
ospedaliero la riflette. La malattia e la morte possono colpire chiunque, è quello che
alla fine ci rende tutti uguali. Abbiamo messo a punto un procedimento elaborato per
selezionare il cast. Per me l’importante era che la maggior parte degli attori non fosse
riconoscibile rispetto ad altri film o serie ed è il motivo per cui per alcuni personaggi
ho persino scelto dei non professionisti o degli attori teatrali. Alcune delle infermiere
nel film e tutta l’équipe di rianimazione è composta da veri infermieri e medici.
Gran parte delle riprese si sono svolte in un ospedale vuoto. Quali sono
state le sfide rispetto a questo?
Abbiamo dovuto riattrezzarlo completamente, un’impresa ardua resa possibile grazie
all’aiuto di Nadja Habicht, la nostra consulente speciale. Nadja, che ha fatto anche da
coach a Leonie, ha offerto un’inestimabile competenza che nessuno di noi possedeva.
L’ospedale doveva anche sembrare visivamente attraente senza apparire artificiale,
uno spazio che desse l’impressione di essere allestito appositamente e tuttavia naturale. Raggiungere questo delicato equilibrio è stata una sfida enorme per la
scenografa.